San Carlo Borromeo, il Santo del mese.
Oggi è il 4 Novembre, giorno dedicato a San Carlo Borromeo, che ho definito il Santo del mese, perché fu un uomo di grande umanità, un esempio per tutti e un personaggio importantissimo non solo per la Chiesa, che riportò al suo splendore ma anche per la storia.
San Carlo Borromeo, il Santo del mese
Nato ad Arona il 2 Ottobre 1538, figlio del conte Giberto II Borromeo e di Margherita De Medici. Durante il parto, la stanza in cui Donna Margherita sta dando alla luce il futuro Santo è improvvisamente pervasa da una luce intensa e dolce che circonda il neonato, come un’areola. No, non voglio romanzare il racconto, questa notizia si basa su deposizioni raccolte al processo di canonizzazione ed è stata ricordata da Papa Paolo V nella Bolla di canonizzazione del 1 Novembre 1610.
Proprio poco più a nord di Arona, sul Lago Maggiore, sorge la statua alta 36 m dedicata al Santo, comunemente detta il “Colosso di San Carlo”. E sempre sul Lago Maggiore, sono dedicate al Santo anche le isolette, dette “isole Borromee”, tra cui la più nota è Isola Bella.
No non è QUEL Cardinal Borromeo de “I Promessi Sposi”, che invece rispondeva al nome di Federico e che di Carlo era il cugino. Federico, rimasto orfano all’età di 3 anni, prese Carlo come proprio punto di riferimento, seguendo le sue orme nella sua carriera ecclesiastica.
Carlo Borromeo apparteneva a una nobile famiglia, quindi: Giberto II Borromeo era figlio di Federico I e di Veronica Visconti, mentre la madre Margherita era figlia di Cecilia Serbelloni e di Bernardino De Medici (quelli di Milano, che non erano gli stessi di Firenze). Giberto II possedeva il Castello di Arona, in cui nacque Carlo, di cui oggi rimangono solo resti di mura coperte dalla vegetazione. Per vedere come era fatto il Castello, ti puoi recare a Isola Bella, dove si trova un modellino dell’antica Rocca di Arona. Oppure puoi andare sulla riva opposta, ad Angera, dove si trova una fortezza che è quasi una replica di quella di Arona.
Carlo, da piccolo, si divertiva a giocare costruendo altari e celebrando cerimonie religiose (probabilmente sentiva già dentro di sé una forte vocazione). Prese la veste talare e ricevette la tonsura all’età di 7 anni, nonostante la Bolla di Paolo III del 20 Novembre 1545 ne vietasse l’attribuzione fino al 14° anno di età. In ogni caso, fu nel 1550 (e quindi all’età di 12 anni) che Carlo ricevette l’Accessione alla Commenda dell’Abbazia di Arona, amministrando da solo le entrate del suo beneficio, a favore dei poveri.
Frequentò le scuole elementari ad Arona, poi si trasferì a Milano nel Palazzo di Famiglia che si trova nell’attuale Piazza Borromeo, ove ricevette le lezioni dai precettori. Nel 1551 (a 13 anni!) era in grado di esprimersi fluentemente in latino. Amava studiare ma era un bambino timido e introverso oltre che malaticcio. Si trasferì a Pavia per frequentare gli studi giuridici. Non si trovò molto bene in questa città, tanto è vero che, per un periodo, tornò a Milano e poi ad Arona dove continuò ad amministrare sia i beni di famiglia che quelli dell’Abbazia. In ogni caso, continuò a studiare e, il 6 Dicembre 1559 conseguì la laurea, in un giorno in cui il cielo era coperto di nubi che improvvisamente furono spaccate da un raggio di luce che arrivò a colpire l’aula in cui Carlo stava discutendo la tesi (anche questa è tutta bibliografia storica).
Il 1559 e sempre Dicembre rappresentano un anno e un mese importanti per Carlo anche per un altro motivo: suo zio (fratello di sua mamma) Gian Angelo De Medici fu eletto papa (Pio IV). E questo procurerà grandi privilegi sia a Carlo che a tutta la famiglia, non solo in termini di rivestimento di ruoli importanti (Carlo, tra le varie cose, fu nominato Cardinale e, successivamente, Segretario di Stato, incaricato degli Affari della Chiesa, a 21 anni!) ma anche in termini economici (Carlo iniziò ad apprezzare e a dimostrarsi incline al lusso materiale). E qui sta la vera contraddizione sia dello zio Gian Angelo che di Carlo: il papa incaricato di organizzare il Concilio di Trento è anche quello che non disdegna di portare avanti una pratica divenuta ormai disdicevole, come il nepotismo. E anche Carlo non si rifiuta di farne parte! Il fatto è che lui sentiva che tutto ciò conveniva nel modo più ovvio a un personaggio della sua qualità.
Ma questo suo pensiero subirà una grossa riforma, quando Carlo rinuncerà alle ricchezze e ai beni materiali per consacrarsi esclusivamente al servizio di Dio. Partì, quindi, riformando se stesso e dando il buon esempio agli altri: la sua riforma partì dalla rinuncia. Riforma completamente il suo stile di vita, rinuncia ai beni materiali, digiuna, passa ore e ore in preghiera, rinuncia al suo personale di corte, ai vestiti sfarzosi, alla tavola ricca. E questo suo esempio è contagioso e influenzerà anche lo zio papa.
Carlo Borromeo fu scelto come sacerdote del Concilio di Trento perché rappresentante perfetto della riforma o, come la si è poi definita “controriforma”, anche se in realtà sarebbe più corretto parlare di “riforma cattolica”. Inizialmente l’obiettivo era quello di trovare un punto d’incontro con i protestanti e magari riavvicinarli alla fede cattolica, per questo si scelse Trento, come città a metà strada tra la Germania e Roma. Ci si accorse però che oltre a cercare un dialogo con i protestanti, era necessaria una vera e propria riforma, per riavvicinare i propri fedeli alla Chiesa. La vera svolta del Concilio (che era iniziato nel 1545 e più volte sospeso e ripreso) sarà data proprio dall’entrata in scena di Carlo Borromeo, che ne definirà alcuni punti essenziali, primo fra tutti l’assegnazione della sede ai vescovi: prima della riforma, i vescovi non risiedevano nella città in cui erano vescovi, ma se ne stavano belli comodi a banchettare a Roma. Carlo, invece, istituì la sede residenziale per i vescovi, che, secondo il suo pensiero, dovevano essere dei pastori per il proprio gregge, dei padri che si prendono cura dei propri figli e anche in questo, il santo riformatore fu di esempio, quando nel 1563 fu chiamato a Milano e lui si trasferì in questa città, nonostante fosse già Segretario di Stato a Roma (carica ben più importante di Arcivescovo di una città di secondo livello).
Carlo Borromeo sarà ricordato fino ai giorni nostri come l’uomo che si è consumato per le anime che gli furono affidate, con grande umiltà, fino a pochi giorni prima della morte, esattamente come una candela che, fino all’ultima goccia di cera, si consuma e fa luce per rischiarare gli altri (queste furono le sue parole, pochi istanti prima di morire). Sempre al servizio dei bisognosi e degli ammalati, come quando scoppiò la Peste a Milano, quella del 1576 (detta anche Peste di San Carlo) in cui costui si dimostrò pronto a offrire la sua vita per il suo gregge di fedeli, mettendo a disposizione molti dei suoi mezzi per soccorrere i sofferenti.
Morì all’età di 46 anni, il 3 Novembre 1584 a Milano, dove sono ancora sepolte le sue spoglie, in una cripta all’interno del Duomo della città (quella che vedi nella foto); è amato dai suoi fedeli al pari del patrono Sant’Ambrogio. Il suo cuore invece è conservato all’interno di un reliquario posto in una cappella dietro l’Altare Maggiore della Chiesa di San Carlo al Corso a Roma.
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Fonte: Andrea Deroo, “San Carlo Borromeo. Il cardinale riformatore”, ed. Ancora, Milano 1965
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