Cecilia Lattari si racconta in Agenda
Cecilia Lattari, floriterapeuta, laureata in Tecniche Erboristiche all’Università di Bologna, esperta di erbe selvatiche, autrice del libro “Erbette dell’Appennino”, educatrice teatrale di corsi volti a riscoprire la capacità creativa, magica e selvaggia che risiede in ognuno di noi, si racconta in un’intervista per L’agenda di mamma Bea.
Cecilia Lattari si racconta in Agenda
1. Com’è nata la tua passione per le piante selvatiche?
Da piccola passavo interi pomeriggi a casa di mia nonna a giocare con le piante del giardino: il ricordo più nitido è quello di un pomeriggio, avrò avuto sei anni, passato con un mio amichetto a dipingere i muri esterni della casa con i fiori color fucsia di quella che, avrei scoperto un giorno, si chiama Oxalys.
Sempre le piante mi hanno guidata quando ho deciso di cambiare città e vita: dopo dieci anni di studio e lavoro a Bologna, dopo la scuola di teatro e il lavoro come attrice, ho deciso di tornare nella casa in montagna che era stata la casa delle mie vacanze da ragazzina e che adesso è la mia casa, il punto di contatto tra me e il bosco. Un luogo dove ho messo davvero in pratica tutte le lezioni di Botanica dell’Università di Bologna (dove mi sono laureata, in Tecniche Erboristiche, nel 2007)
2. Parlaci del tuo percorso e di come sei riuscita a trasformare le tue passioni in un lavoro…
Da brava multipotenziale, non ho un percorso lineare. Sono partita, dopo il liceo classico, con gli studi all’università di Scienze dell’Educazione (che ho lasciato pochi anni dopo, non sapendo che mi sarebbe poi risultata utile in tutto quello che avrei fatto). Ma io volevo fare l’attrice, sin da bambina: ho tentato il provino per essere ammessa alla Scuola di Teatro di Bologna e sono entrata, dopo selezioni ferree. Mi sono formata come attrice di prosa in questa scuola, con la fortuna di avere insegnanti meravigliosi, tra cui Alessandra Galante Garrone, che ricordo con grande affetto. In seguito ho fatto un Master, sempre per attore di prosa, al TeatroDue di Parma. Il teatro è sempre stato il mio motore, anche se per un periodo l’ho messo da parte: è qui che ho dato voce e spazio alle erbe, e mi sono iscritta e laureata all’università di Bologna, corso di laurea in Tecniche Erboristiche.
Ho aperto una piccola erboristeria, dopo essere tornata a vivere in montagna, in Toscana, insieme ad una cara amica: avevamo piante sfuse, tè, spezie…un bellissimo sogno durato qualche anno, perché poi è arrivata la crisi e dopo 5 anni di attività abbiamo dovuto chiudere. Dopo un periodo passato tra mercatini (sono stata artigiana del sapone e delle candele naturali nel progetto Aromantiche, condiviso con un’altra
carissima amica) e dopo un periodo abbastanza lungo come dipendente in una erboristeria di un centro commerciale, ho iniziato a delineare con più chiarezza quello che davvero volevo fare.
Aiutare le persone, in particolar modo le donne, a tornare sulla strada del selvatico: riscoprire la memoria di ciò che abbiamo sempre saputo, la voce delle erbe, la capacità creativa e magica che risiede in ognuna di noi.
Ho dato il via al mio sito, che nel tempo si è trasformato integrando le mie potenzialità: nel mentre sono diventata Floriterapeuta BFRP, e sto concludendo il percorso per diventare Gestalt counselor. A settembre avrò la qualifica di educatore, che sto conseguendo all’Università, e il mio lavoro attuale consiste in una parte laboratoriale, che sviluppo con le persone disabili e non e che ha radici nel lavoro teatrale e nella
performance, e un lavoro di consulenza e di corsi, volti a sbloccare la parte nascosta, artistica, piena di risorse di ognuno. Il mio è un lavoro che si snoda sia online che offline e che mette insieme le mie competenze e quello che so fare davvero: accompagnare, mettere in luce l’altro, avere una visione di insieme che permette di immaginare.
3. Perché si è persa la conoscenza delle erbe selvatiche e in che modo si può riscoprire?
Non credo che si sia perduta, ma che semplicemente sia, momentaneamente, dimenticata. Lo ripeto spesso nei miei corsi: quello che sto per insegnarvi voi lo sapete già. E’ nel vostro DNA, tramandato dalle vostre antenate, dalle vostre nonne, dalle vostre ave. Nella semplicità del contatto, nel desiderio di osservare, con rispetto, farsi piccoli, essere umili, possiamo davvero riappropriarci di quel sapere, ricordarlo e agirlo nella vita di ogni giorno.
4. Nel mese di luglio che cosa offre la natura e quale utilizzo se ne può fare?
Le piante aromatiche in questo momento sono nel pieno del loro profumo: menta, rosmarino, lavanda, timo… Passeggiando in campagna troviamo malva, camomilla, bardana, e salendo più su, verso la montagna, è il momento di achillea, artemisia e, se il tempo non è troppo secco, iperico.
Con queste piante possiamo realizzare tisane e oleoliti: ricordate di raccogliere in luoghi non inquinati e di chiedere sempre a qualcuno di esperto per il riconoscimento. Non raccogliete mai piante per le quali non siete sicura al 100 per cento!
5. Leggendo il tuo libro “Erbette dell’Appennino”, si possono scoprire tanti bellissimi utilizzi delle erbe selvatiche, sia in cucina che a scopo curativo: puoi citarne alcuni indicati per le mamme che, specialmente in questo periodo in cui devono giostrarsi tra lavoro e figli in vacanza, arrivano a fine giornata stanchissime?
Un preparato molto semplice da realizzare può essere l’oleolito di menta, da utilizzare sulle gambe stanche, la sera, con massaggi circolari dal basso verso l’alto. Si realizza ponendo un pungo di foglie di menta, leggermente essiccate, in un barattolo di vetro, e di ricoprirle con olio di girasole spremuto a freddo. Porre il barattolo al sole, coperto da una garza fermata da un elastico per prevenire l’irrancidimento dell’olio a
causa della ricaduta dell’acqua contenuta nella pianta, e tenerlo esposto due settimane. Filtrare, unire qualche goccia di olio essenziale di menta piperita e conservare in bottiglie di vetro scuro.
6. Tu lavori anche con i bambini: parlaci dei tuoi laboratori sulle piante selvatiche e se anche noi, a casa, possiamo proporre ai nostri figli qualche attività divertente, soprattutto in questo mese estivo.
L’attività che più mi diverte con i bambini è l’estrazione del colore dalle piante e la creazione di acquarelli vegetali: in questo periodo potete utilizzare i frutti di bosco, come lamponi, fragole, mirtilli, bacche di ribes o di sambuco per realizzare bellissimi colori. Basta schiacciare bene la frutta in un colino a trame fitte e raccogliere il succo colorato in un piccolo bicchiere, e utilizzarlo come acquerello. Se volete stupire i vostri
bimbi, provate ad aggiungere un pizzico di bicarbonato al succo prodotto dal cavolo viola finemente grattugiato e filtrato, per osservare il viraggio del colore. Poi fate la stessa cosa con qualche goccia di aceto: vedrete che il viola nel caso del bicarbonato diventerà blu, mentre con l’aceto virerà al rosso.
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